Il consumatore emotivo, ovvero: perché il neuromarketing è il solo marketing possibile

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10 Luglio 2021
consumatore emotivo

Oggi ci tocca fare i seri. Cioè, intendiamoci, salvo qualche citazione apparentemente fuori contesto e qualche battuta di spirito che nella maggior parte dei casi fa ridere solo noi, siamo sempre seri quando parliamo di marketing. Però, insomma, oggi più del solito. Perché l’argomento in questione è di quelli che possono fare la differenza. Di quelli che possono farti cambiare prospettiva. Del tipo: hai sempre inteso alcuni concetti in un modo, da oggi li intenderai in un altro. A dire il vero, nel caso tu abbia già avuto a che fare con qualche nostra precedente pubblicazione, certe informazioni non ti stupiranno più di tanto. Nel caso invece sia la prima volta che scegli di approfondire argomenti come quelli del consumatore emotivo, del neuromarketing o delle scienze cognitive, ti consigliamo di prenderti il tempo necessario per leggere questo articolo con attenzione.

E ti consigliamo di approfondire poi ulteriormente tutto ciò che stiamo per esplicare. Si parla infatti di concetti di portata talmente vasta che un articolo di blog risulta appena sufficiente a scalfirne la superficie e – ci auguriamo – a suscitare l’interesse necessario a volerne sapere di più. Fortunatamente, soprattutto nel corso degli ultimi 5-6 anni, la letteratura in merito a questi argomenti si è moltiplicata, spesso con esiti eccellenti. Se dopo aver letto l’articolo, come immaginiamo, la tua sete di conoscenza inizierà ad aumentare, puoi tranquillamente contattarci per sapere quali libri e quali autori possono aiutarti a soddisfarla. Senti già che espressioni seriose stiamo utilizzando? Fa uno strano effetto. Meglio andare avanti, prima di assumere quel classico tono da professori che… troppo tardi.

La domanda delle domande: che cos’è il neuromarketing?

Ci verrebbe da rispondere: il neuromarketing è il marketing. Nel senso che, a nostro parere – e anche a parere di molti altri addetti ai lavori  – l’unico vero marketing da ricercare è quello fondato su principi neuroscientifici. Ovvero, su come funziona il cervello delle persone. Semplicemente perché questo tipo di approccio è l’unico in grado di rendere misurabile l’efficacia della creatività.

Ma andiamo con ordine. Come suggerito già dal termine, il neuromarketing è un marketing che si avvale di studi e ricerche neuroscientifiche, applicandone i risultati all’elaborazione di strategie contenuti creativi. Visto? Una definizione più semplice di quanto si possa immaginare. E che, se vogliamo, rimanda a un concetto estremamente intuitivo, riassunto in un’eccezionale frase di Richard Shotton:

Così come non ci si può fidare di un medico che non conosce la fisiologia o di un ingegnere che non conosce la fisica, è da sconsiderati lavorare con un pubblicitario che ignora la scienza comportamentale.

Non fa una piega, giusto? Eppure sono ancora pochi gli imprenditori e poche le aziende che si preoccupano di sapere se il professionista o l’agenzia che li affiancherà nel marketing e nella comunicazione possa vantare o meno competenze nell’ambito delle neuroscienze, delle scienze cognitive o delle scienze comportamentali. In un momento storico in cui, per giunta, questo tipo di conoscenza risulta pressoché fon-da-men-ta-le. I competitor sono tanti e agguerriti, il budget a disposizione può non essere elevato e quindi non va disperso, i consumatori sono sempre più assuefatti ai messaggi pubblicitari: in uno quadro del genere, non c’è più posto per il marketing fatto a “sensazione”. Non c’è più posto per il solito “mi convince o non mi convince”, ma soltanto per il “funziona o non funziona”.

Qui entrano in gioco le neuroscienze e, con esse, il neuromarketing. Per usare le parole di Caterina Garofalo e Francesco Gallucci, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’AINEM (Associazione Italiana NEuroMarketing):

Il neuromarketing definisce un nuovo campo di studi, di valutazioni strategiche e di applicazioni operative, risultante dall’integrazione delle neuroscienze, della neuroeconomia e della psicologia cognitiva con il marketing tradizionale, il web e digital marketing e la comunicazione, e […] propone di indirizzare, ispirare e guidare le imprese e le organizzazioni a comprendere meglio e in modo più profondo i bisogni, le attese e i desideri delle persone, per favorire il miglioramento continuo delle proprie strategie di marketing […].

In altre parole: come si può pretendere di usare il marketing per convincere le persone, se non si sa come funzionano le persone?

Perché il neuromarketing? Breve storia del consumatore emotivo

Le emozioni contano. Aspetta, riformuliamo: le emozioni contano più di qualsiasi altra cosa. Soprattutto all’interno del nostro processo decisionale. Soprattutto se intese come elemento preponderante del nostro pensiero inconscio. Hai mai provato a chiederti più o meno a quale percentuale corrisponda il pensiero inconscio all’interno di tutta la nostra attività cognitiva? Ti diamo un indizio: è abbastanza alta. Ti arrendi? 95%. Sì, hai letto bene: il 95% circa della nostra attività cognitiva avviene a livello inconscio.

Come dicevamo, si tratta di una percentuale abbastanza alta per una creatura – l’essere umano – che ama così tanto definirsi “razionale”. Sì, ci siamo definiti iperrazionali per secoli. Abbiamo addirittura fondato lo studio del nostro sistema economico su questa presunta razionalità. Possibile che si tratti di un colossale errore di giudizio? Sì e no. La componente razionale esiste e svolge un ruolo specifico nel processo decisionale, così come nelle nostre scelte di consumo. Tuttavia, proprio sulla base delle ricerche neuroscientifiche degli ultimi 20-25 anni (in particolare quelle portate avanti da Joseph LeDoux, Antonio Damasio e Richard Davidson), più che razionali, sarebbe opportuno definirci razionalizzanti. Utilizziamo, cioè, la razionalità soprattutto per avallare e giustificare scelte che inconsciamente… abbiamo già preso. E su cui le emozioni hanno inciso in modo determinante. Restando nel mood citazionista, il neuroscienziato Antonio Damasio ha sintetizzato il concetto in questo modo:

Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano.

Nel caso te lo stia chiedendo, sì, vale per qualsiasi persona. Anche per gli individui più cinici e freddi. È una condizione generale dell’essere umano e, conseguentemente, del consumatore generico, che è quindi un consumatore emotivo. Le emozioni sono il driver principale quando si tratta di compiere una scelta di consumo. Solo che, nella quasi totalità dei casi, non ce ne rendiamo conto. La reazione emotiva che si innesca davanti a un prodotto o a un servizio, o meglio, davanti alla ricompensa che da quel prodotto o servizio pensiamo di ottenere, si innesca infatti con la rapidità di un automatismo, lontana dalla lenta tempistica della valutazione razionale.

Forse in questi termini può risultare meno semplice da assimilare come concetto. Possiamo però riassumere il processo decisionale medio in questo modo:

STIMOLO (il prodotto o il servizio) > RISPOSTA EMOTIVA ALLO STIMOLO (basata sull’aspettativa di ricompensa) > RAZIONALIZZAZIONE DELLA RISPOSTA EMOTIVA (valutazione conscia dello stimolo).

Più chiaro, vero? Ora non ci resta che capire come questa constatazione scientifica possa impattare sull’elaborazione di contenuti creativi e strategie di marketing. La prima, e forse la più importante riflessione da fare in tal senso è: le persone difficilmente acquisteranno un prodotto o un servizio la cui pubblicità si basa soltanto su elementi razionali, come il prezzo, il funzionamento o le relative caratteristiche. Bisogna far leva sulle emozioni che quel prodotto o servizio genera, sulle emozioni che il consumatore proverà una volta che l’avrà acquistato e su come esso cambierà la sua vita in positivo.

Teoria e tecniche di neuromarketing: facciamo chiarezza

È importante fare una distinzione fra neuromarketing teorico e neuromarketing pratico:

  • Il neuromarketing teorico (o predittivo) è quello mirato ad offrire un quadro scientifico dettagliato dei processi decisionali e dei modelli di comportamento che caratterizzano l’essere umano. Il neuromarketing teorico elabora dei principi sulla base dei risultati di esperimenti e ricerche neuroscientifiche e affianca le aziende nell’applicazione di questi principi alle proprie strategie di marketing.
  • Con neuromarketing pratico (o applicato), si fa invece riferimento all’utilizzo di specifiche strumentazioni (risonanza magnetica funzionale, elettroencefalografia, rilevazione della frequenza cardiaca, eye-tracking, ecc.) con lo scopo di testare l’efficacia di contenuti creativi (spot, video, siti web, ecc.) attraverso la misurazione delle risposte fisiologiche allo stimolo.

Come puoi ben immaginare, il neuromarketing pratico richiede investimenti notevoli e non sempre alla portata di una PMI, sia per il costo di strumenti così sofisticati, sia per quello dell’ingaggio dei tecnici in grado di utilizzarli. Molto più accessibile è il neuromarketing teorico: tutto sta nel rivolgersi ad agenzie o professionisti che ne conoscano i principi, che li abbiano studiati, che sappiano applicarli e soprattutto che si tengano in costante aggiornamento in merito alla ricerca.

Chi pensa infatti al neuromarketing teorico come all’equivalente di un libro di incantesimi e crede sia sufficiente imparare a memoria qualche formula magica per ottenere effetti e risultati mirabolanti, beh, non ne resterà soddisfatto. Quello del cervello e della mente umana è un mondo affascinante, ma anche molto, molto complesso e variegato. Centinaia di variabili, interne ed esterne a noi stessi, incidono sul nostro modo di prendere le decisioni. Il neuromarketing, in questo senso, serve a farci da guida. E ad aumentare il valore dei nostri tentativi.

Tieni sempre a mente questo: il marketing, in qualunque sua accezione, è costituito da tentativi di valore. Tentativi necessari a raggiungere un risultato. I principi e le conoscenze di neuromarketing contribuiscono ad elevare il valore dei tentativi, per far sì che quel risultato sia raggiunto in modo più veloce, con conseguente risparmio di tempo e risorse economiche. Come in ogni altro contesto, e forse anche più, nel marketing la conoscenza paga. E paga bene.

Wezed e il neuromarketing

In tanti altri articoli abbiamo parlato di emozioni, processo decisionale e di tutto ciò che può influenzare nel bene e nel male la scelta dei consumatori. Quindi avrai capito che amiamo strutturare le strategie dei nostri clienti su basi teoriche solide e accreditate. I principi del neuromarketing e delle scienze cognitive rappresentano gran parte di quelle basi. È l’unico modo in cui, come agenzia marketing Roma, possiamo essere certi di mettere a disposizione dei nostri clienti un sapere utile, prezioso, efficace.

L’aspetto su cui vogliamo porre maggiormente il tuo focus, quando si parla di strategie e contenuti creativi, è però uno e uno soltanto: metti al centro dei tuoi progetti le persone. Perché è questo che fa il neuromarketing: pone al centro l’essere umano, i suoi bisogni, la sua natura, i suoi desideri, il suo modo di scegliere e ragionare. Si tratta della sola e unica strategia che il mercato finisce per premiare, da sempre e per sempre. Nonché, infatti, di quella concettualmente messa in atto dai più grandi brand della terra (esatto, quelli che fatturano di più).

Scegli di mettere le emozioni delle persone al centro della tua comunicazione e riuscirai ad attirare la loro attenzione. Scegli di mettere i desideri delle persone al centro della tua strategia e riuscirai a soddisfarli. Scegli di mettere le persone al centro delle tue scelte e le persone metteranno te al centro delle loro.

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