Se sei un imprenditore che desidera promuovere la sua azienda online è facile che il tuo newsfeed di Facebook grondi di inserzioni che contengono titoli ed espressioni come: guida definitiva, strategia vincente, sistema copia incolla e, il peggiore di tutti (perché è una gufata pazzesca), “il metodo senza il quale fallirai”.
Inutile dire che nel web marketing le strategie che vengono definite come vincenti in assoluto non esistono. Molti imprenditori non hanno, com’è naturale che sia, una competenza in questo genere di cose e volano di fiore in fiore come api operaie, in cerca del guru più illuminato cui prestare orecchio e della soluzione conclusiva al problema del fatturato.
Ovviamente questo non funziona quasi mai e conduce a un dispendio di energie, tempo e liquidità considerevole. Bisogna andare piano, per arrivare sano e lontano. Camminare lungo il percorso, cambiare strada se necessario, e poi fare meta. E da dove si parte, allora?
Dalla tua storia.
L’analisi
Ogni azienda ha una storia diversa e parte da una base di reputazione differente da caso a caso, questo senz’altro influisce sul successo delle campagne. È importante anche il mercato di riferimento: se il tuo business è locale sarà influenzato da fattori che non possono essere raccolti in un unico fascio (clienti del milanese o del catanese possono avere mentalità e abitudini di vita differenti).
Un altro aspetto che discredita la teoria della strategia copia incolla sono i competitor sul territorio: nella tua nicchia di mercato potresti non averne a Sulmona, ma a Torino c’è più offerta. Ecco perché è necessaria un’analisi strategica preliminare che tenga conto della situazione locale.
L’analisi serve anche a capire come comportarsi, quale strada imboccare. È meglio far pubblicità su Google o concentrarsi sui social network? Su entrambi?
Investire su Google o su Facebook?
Le differenze sono sostanziali: mentre Google intercetta la domanda diretta (qualcuno ha scritto nel campo ricerca “studi dentistici a Prato” e vede il tuo annuncio per dentista a Prato), Facebook e tutti gli altri social network ti mettono in contatto con la domanda latente.
Nessuno trascorre tempo sui social perché sta cercando un servizio o vuole comprare un prodotto, ma perché vuole svagarsi, intrattenersi, avere notizie dagli amici. Anche se è vero, e va segnalato, che si sta diffondendo soprattutto tra i giovani l’abitudine di cercare le aziende direttamente sui social. Ci vuole in ogni caso una bella abilità per presentarsi di fronte queste persone e convincerle ad acquistare qualcosa da te. Insomma, per decidere il canale più adatto al proprio business occorrono strumenti di analisi.
Uno molto valido è Google Trend, che permette di intercettare i volumi medi di ricerca attorno a una parola chiave. Su Facebook, invece, la questione è un po’ più complicata e tutte le informazioni relative all’interesse attorno a un prodotto o a un servizio sono conservate e messe a disposizione degli inserzionisti attraverso i vari parametri di targhettizzazione, come i dati demografici, i titoli di studio, gli interessi ecc.
Alcune di queste informazioni sono diffuse dalle persone volontariamente, per esempio quando aggiornano il loro stato sentimentale o segnano il raggiungimento di un traguardo. Altre sono involontarie e dipendono da come gli utenti interagiscono con i contenuti: a quali mettono il mi piace? Cosa condividono? Persino il tempo medio di scrolling è utilizzato dalla piattaforma per restituire dati agli inserzionisti.
L’enorme differenza tra le sponsorizzazioni su Google e su Facebook si materializza anche in altre cose, per esempio nel loro prezzo. Le inserzioni su Google costano di più perché lì è un po’ vincere facile: le persone stavano già cercando quel prodotto o servizio e trovano il tuo.
Sui social, come spiegato, non funziona così. Su Google puoi permetterti messaggi più esplicitamente commerciali, sui social hai di fronte un gran lavoro creativo, necessario a scatenare un’emozione tale da giustificare il click: le chance di successo della campagna aumentano esponenzialmente all’aumentare del grado di coinvolgimento di testo, immagini, video.
Il coinvolgimento, poi, può misurarsi sul terreno delle emozioni o su quello dell’informazione. In ogni caso occorre focalizzarsi sui punti di forza del brand e anche su ciò che lo differenzia dagli altri e far emergere questi aspetti.
Ma in che modo puoi metterti nei panni del tuo cliente ideale e suscitare la sua curiosità? Come creare il presupposto perché compia l’azione? Ancora più nello specifico: quali risposte sta cercando la tua buyer persona?
Benchmarking, per far meglio dei tuoi competitor
Chiarirsi le idee su tutto questo può essere una bella sfida, per la quale ti sarà molto utile lo studio dei competitor, tanto su Google quanto su Facebook.
Su Google puoi digitare alcune parole chiave come se fossi tu stesso interessato al tuo prodotto, ottenendo così uno spaccato di come la tua concorrenza si propone (risposte organiche e risposte sponsorizzate). Ma anche le pagine Facebook dei competitor avranno qualcosa da dirti: grazie alla tab “inserzioni attive” puoi “spiare” i messaggi pubblicitari che hanno pubblicato sulla piattaforma e capire com’è posizionata la tua offerta rispetto la concorrenza.
Si tratta soltanto di prendere ispirazione, nel senso di capire come puoi differenziarti dagli altri e anche come usare la tua comunicazione di brand per riempire buchi lasciati aperti dai competitor.
Tutto questo si chiama tecnicamente benchmarking e non è un peccato capitale ma un prezioso alleato strategico. Wikipedia lo definisce come una metodologia basata sul confronto sistematico che permette alle aziende che lo applicano di compararsi con le migliori e soprattutto di apprendere da queste per migliorare.
La struttura della campagna
La costruzione della campagna è probabilmente l’apice creativo di tutto il sistema. È questo, infatti, il momento in cui va preparato il contenuto multimediale, scegliendo oculatamente se accompagnare al testo un video o una grafica, che tipo di video e che tipo di grafica, che tipo di testo.
Il primo step è il momento in cui ci si rivolge a un pubblico freddo, assolutamente non preparato a ricevere il tuo messaggio commerciale e non pronto ad acquistare. Questo momento è delicato perché, come detto, non si può lasciare al caso nessun dettaglio, ma anche perché è propedeutico alla seconda fase, nella quale hai la possibilità di vedere come interagisce il pubblico e sapere come comportarti subito dopo.
Dal momento in cui gli utenti interagiscono con il contenuto commerciale è importante continuare a stimolarli: riceveranno, per esempio, altre informazioni sul contenuto con cui hanno interagito (via Facebook, ma anche newsletter) e aggiornamenti da parte del brand.
Le campagne di remarketing sono fondamentali per gestire l’identità del marchio, per continuare a ricordarne il nome, i contenuti e i prodotti all’utente. Perché siano efficaci bisognerà costruire pubblici personalizzati, basati sul tipo di interazione delle persone, che siano, cioè, pertinenti con il tipo di contenuti con cui le persone hanno interagito.
Ti è mai capitato di visitare i prodotti di un e-commerce, poi entrare su Facebook e vederteli riproporre dalla piattaforma come inserzioni pubblicitarie? Il remarketing è proprio questo e fa sì che il nome dell’azienda resti ben saldo nella mente dell’utente quando sarò davvero pronto ad acquistare. Allo stesso tempo sarà pronto ad acquistare anche perché gli avrai fatto conoscere il marchio e trasmesso, se possibile, i suoi valori.
Il consiglio
Alcuni imprenditori sentono di essere arrivati tardi alla festa: c’è chi ha avviato da poco la sua attività e inizia da zero con il digital marketing, ci sono imprenditori vecchio stampo, che si trovano catapultati in un mondo che non conoscono e che si sono messi a inseguire, facendo molta fatica, non certo perché siano stupidi ma perché le skill richieste a chi vuole restare a galla oggi non rientravano tra le loro skill di partenza.
Ci sono anche imprenditori che iniziano a masticare il web marketing, ma si trovano a fare i conti con un mondo che si è evoluto rapidamente e continua a cambiare sotto i loro occhi.
L’unico consiglio veramente sensato, indipendentemente dal gruppo a cui senti di appartenere, è quello di fare un tentativo di valore. Anzi, di fare e basta. L’inesistenza di formule magiche e tattiche valide per tutti non significa che devi mollare l’osso o procedere a tentativi sperando, prima o poi, di beccare la strada giusta.
È necessario rivolgersi a chi offre questi servizi, chiamare in causa qualcuno che sappia il fatto suo senza promettere risparmio: l’investimento deve essere uno soltanto. Per far funzionare una strategia di direct e digital marketing servono, infatti, molte competenze specifiche ed altrettante professionalità.
Il bello di tutto questo è che i risultati sono subito misurabili e monitorabili grazie a delle kpi istantanee. Rispetto cioè ai tempi in cui le sponsorizzazioni si facevano a mezzo radio, televisione e carta -tempi in cui occorreva molto tempo per verificare se le cose stessero funzionando- oggi con i social network bastano pochi giorni per capire se il pubblico reagisce bene, se è interessato e coinvolto.