Non siamo online. Siamo onlife. Figo, eh? Definizioni del genere ci esaltano parecchio, a noi digital marketer. Questa in particolare è di Luciano Floridi, contenuta nel suo The Onlife Manifesto: Being Human in a Hyperconnected Era. È eccezionale perché condensa in un solo termine la completa fusione dimensionale fra vita reale e digital, iniziata probabilmente con l’avvento di internet, accelerata dall’invenzione dei social network e tuttora in corso di svolgimento. Il digitale è entrato a far parte delle nostre vite in maniera definitiva, sotto qualsiasi aspetto: personale, relazionale e professionale. Già, soprattutto professionale. Del resto, se stai leggendo questo articolo dopo aver cercato su Google “costo gestione pagina Facebook” (siamo dei maghi a spargere keyword nell’articolo senza dare nell’occhio) probabilmente ne sei abbastanza consapevole.
Perché – e questo è un dato di esperienza che come web agency possiamo dare con assoluta certezza – molti imprenditori e titolari di azienda stanno davvero iniziando a comprendere che comunicare sui social network in modo efficace è ormai a tutti gli effetti una scelta strategica quasi obbligata, in grado di fare la differenza. Ciò che ancora potrebbe non essere chiaro a tutti – anzi, senza condizionale, ciò che ancora non è chiaro a tutti – è quanto sia grande tale differenza. Be’, scopriamolo insieme.
Gestione pagina Facebook aziendale: perché è importante
Partiamo da una domanda: se fossi il/la proprietario/a di un’attività (magari lo sei) o l’avessi in gestione, accoglieresti i clienti in una sede disordinata, in un ufficio impolverato o in un negozio con gli scaffali completamente a soqquadro? Naturalmente no. Ebbene, trascurare la gestione pagina Facebook aziendale (o scegliere di portarla avanti in modo amatoriale) equivale a fare esattamente questo. Proprio in virtù del concetto di onlife a cui accennavamo poco fa, gli utenti (ovvero i tuoi potenziali clienti) non fanno più distinzione fra l’immagine che la tua azienda si è costruita offline (cioè nel mondo reale) e quella che invece trasmette online (cioè nel mondo digitale). Semplicemente perché non è più possibile distinguere i due mondi!
Soprattutto il pubblico che ancora non ha mai avuto occasione di entrare in contatto con la tua attività e di constatare di persona il valore del prodotto o del servizio che offri, non ha alcun riferimento per valutarlo se non quello che tu gli fornisci attraverso la tua comunicazione. In altre parole, gli account social su cui apponi il logo della tua azienda, diventano a tutti gli effetti estensioni di essa, veri e propri luoghi virtuali – anzi, quasi fisici ormai – che la rappresentano sotto tutti i punti di vista. E che, pertanto, devono essere gestiti in maniera ottimale. Si tratta di un meccanismo giunto quasi al limite del fisiologico: l’utente in cerca di informazioni si aspetta di trovare account social ben gestiti, che riescano a coinvolgerlo e a trasmettergli il valore dell’azienda che rappresentano. Proattivi nella scelta dei contenuti, attivi nel pubblicarli e reattivi nel rispondere.
Ah, tralasciamo inoltre i dati numerici. Tanto ci sono buone possibilità che tu già li sappia. Okay, diciamoli: 30-31 milioni circa. Sono gli utenti attivi di Facebook in Italia. Praticamente 1 italiano su 2 utilizza il social network dalla F blu con frequenza quasi quotidiana. E Instagram – piattaforma che appartiene a Facebook, è sempre bene ricordarlo – è recentemente salita a 28 milioni. Sì, insomma, sui social c’è parecchia gente, e già soltanto questo dovrebbe essere un motivo valido per presentarsi al meglio in tale contesto.
Infine, già che ci siamo: hai mai sentito parlare dell’effetto alone?
Gestione pagina FB: e se dalla tua comunicazione social dipendesse il giudizio complessivo degli utenti sulla tua attività?
“Così come non ci si può fidare di un medico che non conosce la fisiologia o di un ingegnere che non conosce la fisica, è da sconsiderati lavorare con un pubblicitario che ignora la scienza comportamentale”. Oggi siamo in vena di grandi citazioni. Questa è del giovane e brillante Richard Shotton. Ed è un’altra verità stratosferica: la scienza comportamentale e la psicologia cognitiva sono le basi di un marketing efficace, online e offline.
Il funzionamento della mente dell’utente, che poi è la mente di qualsiasi altro essere umano, deve essere sempre al centro di tutte le decisioni che si prendono, siano esse creative o strategiche. E la mente dell’essere umano è nota per fare brutti scherzi. Quando vogliamo utilizzare una terminologia scientifica accurata e senz’altro accattivante, li definiamo bias cognitivi. Ne sono stati scoperti a centinaia, ma nel parlare dell’importanza di una comunicazione social ben sviluppata, ce ne sono due che più degli altri meritano la tua considerazione.
Il primo è rappresentato dal cosiddetto halo effect (effetto alone), ovvero quella simpatica distorsione cognitiva che ci porta a estendere il giudizio su una persona, un oggetto, un’azienda o un brand a partire da una sola sua caratteristica. Per farla breve, è ciò che ti porta a credere che una persona simpatica sia anche intelligente, o che una persona affascinante sia anche simpatica. La mente valuta una caratteristica del soggetto o dell’oggetto e poi estende in maniera totalmente automatica e inconsapevole quella valutazione anche ad altre sue caratteristiche. Ovviamente sia in termini positivi che in termini negativi. Hai già capito dove vogliamo andare a parare, vero? “Certo che se mettono nel loro lavoro la stessa cura che mettono nella loro comunicazione digitale…”
La seconda trappola cognitiva rilevante è invece stata definita per la prima volta dal genio di Daniel Kahneman e Amos Tversky, nel capolavoro assoluto Pensieri lenti e veloci (non lo hai letto? Fallo!). Stiamo parlando del WYSIATI, acronimo per What You See Is All There Is, ovvero “ciò che vedi è tutto ciò che c’è”. I due psicologi israeliani usarono questa sigla per indicare la tendenza della nostra cara testolina a prendere in considerazione solo le idee attivate sul momento. Le cose che abbiamo davanti a noi, cioè le informazioni che stiamo considerando in questo istante, sono – nella maggior parte dei casi – le uniche che utilizziamo per emettere un giudizio. Quindi, nel momento in cui l’utente deve esprimere un giudizio su un brand o su un’azienda, se tutto ciò che vede di fronte a sé è una comunicazione social poco professionale e poco coinvolgente… ci siamo capiti.
Okay, ma quanto costa la gestione di una pagina Facebook?
“Vabbe’, amici di Wezed, tutte queste informazioni – utili, per carità – servono a giustificare il costo di una gestione professionale dei social network?”
Non esattamente. Servono a trasmetterne il valore. Valore nel vero senso della parola, perché impostare una comunicazione social strategicamente curata e all’altezza del proprio lavoro è una scelta che nel medio-lungo periodo impatta notevolmente sui risultati economici dell’attività. Comunicare in modo autentico e coerente vuol dire definire con il tempo la propria brand identity; definire la propria brand identity vuol dire strutturare il proprio posizionamento; consolidare quel posizionamento nella mente dei clienti vuol dire assicurarsene la fedeltà.
Potremmo dirti un costo generico: 200, 300, 400 euro. Servirebbe? Probabilmente la vera domanda da porsi è: quanto bisogna essere disposti a spendere per trasmettere il reale valore della propria azienda?
Ora, l’articolo potrebbe finire qui, ma i SEO ci hanno indicato un’altra keyword da inserire: “agenzia marketing Roma”. Ce la segnalano sempre, sembra sia utile per il Local. Noi la mettiamo perché altrimenti tocca discuterci, ma a dire il vero solo la nostra sede fisica è a Roma. Quella digitale è… ovunque.