Oscar del digital marketing. Pubblico in trepidazione. Per la categoria “Termine più inflazionato”, le nomination di quest’anno sono le seguenti:
- Growth Hacking. Sono poche le persone che sanno cosa voglia dire esattamente, meno ancora quelle che riescono a pronunciarlo in modo corretto. Ma sta velocemente scalando le posizioni. Ed è qui per vincere.
- Disruptive. Negli ultimi dodici mesi è cresciuta in modo esponenziale la quantità di professionisti, aziende e strategie in grado di definirsi assolutamente e incontrovertibilmente disruptive. A detta di tutti, è il favorito per la vittoria finale.
- Funnel. Oh sì, ancora lui. Da sempre in vetta alle classifiche, vincitore delle ultime 9 edizioni, non ha mai smesso di essere presente in ogni riunione, brief, briefing e compagnia bella. E oggi potrebbe continuare a sorprendere.
Attenzione, è arrivata la busta. L’Oscar per il “Termine più inflazionato” degli ultimi dodici mesi… va di nuovo a Funnel! Proprio così, signore e signori, siamo alla decima vittoria consecutiva! Gli altri candidati dovranno impegnarsi parecchio nei prossimi dodici mesi per spodestarlo dal trono.
Okay, perdonaci questa piccola allucinazione visiva/cinematografica, stiamo scrivendo l’articolo di venerdì e il venerdì pomeriggio è impegnativo per tutti. Comunque eccoci, siamo tornati in noi. Anche se nel frattempo ci è partito un intero paragrafo dell’articolo. Del resto, però, hai cliccato su un articolo intitolato “Cosa sono i funnel”, quindi avrai colto al volo l’origine della nostra ironia. Funnel è un termine inflazionato, uno di quei termini usati così tante volte da aver perso probabilmente il suo valore intrinseco. Valore che comunque è esistito: il funnel ha rappresentato per molto tempo un vero e proprio fondamento teorico del marketing e del digital marketing in particolare. La domanda che dobbiamo porci oggi è: questo fondamento teorico è ancora perfettamente valido? E la risposta è: fino a un certo punto. Vediamo perché.
Innanzitutto, le basi: cosa sono i funnel?
Iniziamo con la definizione del concetto, che è sempre la cosa migliore da fare. Per funnel intendiamo una struttura a imbuto (la traduzione letterale di funnel è appunto imbuto) concepita per rappresentare la trasformazione di utenti generici prima in potenziali clienti, poi in clienti interessati e infine in clienti veri e propri (acquirenti). Perché l’imbuto? Perché il funnel è tendenzialmente diviso in 3 o 4 livelli e ad ogni livello la quantità di pubblico diminuisce, come puoi vedere nell’immagine qui sotto. Se ci pensi, è normale: almeno in prima battuta, non tutte le persone che verranno a sapere dell’esistenza della tua azienda finiranno per comprare subito.
Ciascun livello è inoltre rappresentativo della specifica fase del percorso in cui si trova l’utente e della sua condizione nei confronti dell’azienda. Volendo prendere ad esempio un funnel basilare, strutturato su tre livelli, il primo livello sarebbe quello dell’awareness (notorietà), ovvero quello in cui si trovano le persone che iniziano ad acquisire consapevolezza dei prodotti o dei servizi che offri; in pratica, chi ha appena conosciuto il tuo brand. Il secondo livello sarebbe quello della considerazione, vale a dire quello in cui gli utenti iniziano appunto a considerare il tuo brand e la tua proposta come una delle possibili opzioni di acquisto. Infine, al terzo livello, quello della conversione, ci sarebbero gli utenti che accettano la tua offerta e acquistano da te: i clienti.
Come avrai intuito, ogni fase del funnel è contraddistinta da azioni specifiche. La fase di notorietà è quella in cui occorre dare la massima esposizione al brand e alla sua presenza digitale, presentandolo nel miglior modo possibile a un pubblico ampio e “freddo” (cioè formato da persone che ancora non conoscono l’azienda), solitamente attraverso campagne ads sui social o sui motori di ricerca. Per iniziare ad essere presi seriamente in considerazione, ovvero per entrare nella seconda fase, uno dei modi più rapidi ed efficaci è quello di offrire valore gratuito, che può concretizzarsi in contenuti informativi o di intrattenimento (articoli, e-book, video ecc.). Se ideati, sviluppati nel modo giusto e diffusi in maniera strategica, i contenuti contribuiscono a trasmettere l’autorevolezza del brand e a innescare nel target un meccanismo di reciprocità, così da farlo accedere alla terza fase, la conversione, cioè l’acquisto, che nei funnel digital marketing avviene per lo più su siti e landing page (nel caso tu voglia ripassare l’argomento, ti consigliamo il nostro recente articolo sulle landing page di successo.
Ecco, messa così la questione del funnel potrebbe sembrare semplice, lineare e… perfetta, vero? In effetti, però, manca qualcosa. C’è un elemento, anzi, un paio di elementi in particolare che il funnel non considera e che hanno spinto i teorici del marketing a concettualizzare un percorso strategico più evoluto e, soprattutto… infinito.
Flywheel, l’evoluzione dei marketing funnels
Riflettendoci più attentamente, infatti, siamo certi che anche tu abbia percepito qualcosa di “incompleto” in questa struttura di conversione apparentemente perfetta. Perché effettivamente è qualcosa di incompleto c’è. I marketing funnels, così per come sono stati intesi fino ad oggi, presentano due evidenti limiti:
- Rappresentano strutture finite. Okay, un funnel ben realizzato riesce a convertire un tot di clienti, ma dopo? Che succede? Si ricomincia subito l’estenuante ricerca di nuovo pubblico? Si salutano e si ringraziano le persone che hanno acquistato e poi addio, ognuno per la sua strada? Non ci siamo.
- Non mettono al centro le persone, ma l’azienda. E in un mondo dove le aziende che fatturano di più sono quelle che mettono al centro le persone, puoi capire bene come un modello del genere corra il rischio di trasformarsi in qualcosa di tremendamente obsoleto.
Benché in molti abbiano preso coscienza della situazione solo negli ultimi 4-5 anni, il mondo del business è cambiato. Senza addentrarci in digressioni socio-antropologiche che non potremmo esaurire neanche in dieci anni di blog e di articoli, limitiamoci a dire che l’avvento del digitale e successivamente dei social network ha profondamente modificato la concezione del rapporto fra brand e persone. Anzi, nello specifico, ha modificato l’aspettativa delle persone nei confronti di questo rapporto.
Proprio così: le persone oggi si aspettano di stringere con i brand (le aziende) un rapporto in grado di andare oltre il semplice consumo. Non vogliono più acquistare il prodotto perfetto, vogliono acquistare l’esperienza perfetta. Cosa vuol dire esperienza perfetta? Vuol dire coinvolgimento, soprattutto coinvolgimento emotivo, vuol dire condivisione di valori, vuol dire legame con il brand da instaurare e coltivare nel tempo. Tutti elementi che naturalmente il solo funnel non può offrire.
E che hanno spinto Brian Halligan, CEO e co-fondatore di HubSpot, a presentare per la prima volta nel 2018 il modello del Flywheel Marketing. Per definirla in maniera semplice, con flywheel si intende concettualmente una ruota energetica in grado di riciclare il proprio flusso di energia al fine di autoalimentarsi. In altre parole, si tratta di un ciclo infinito. A differenza del funnel, qui le persone non finiscono dentro l’imbuto, ma vengono poste al centro della ruota, ovvero al centro delle attività del brand. Nel senso che ogni operazione, ogni progetto, ogni campagna realizzata dall’azienda ha come solo e unico scopo quello di far vivere alle persone la migliore esperienza possibile, sia prima dell’acquisto, sia al momento dell’acquisto, sia dopo l’acquisto.
Sì, dopo! Perché il modello flywheel deve la sua energia infinita proprio a quanto avviene dopo la conversione. Continuare a curare il rapporto con i clienti anche dopo averli convinti ad acquistare (attraverso sconti fedeltà, servizi di assistenza clienti pienamente efficienti e così via), equivale infatti a renderli dei veri ambasciatori, tra l’altro super-produttivi, in grado di promuovere l’azienda con un passaparola attivo e con recensioni positive. Un cliente soddisfatto alla fine del funnel probabilmente riacquisterà, ma un cliente fidelizzato grazie alla flywheel, cioè una persona che ha stretto con l’azienda un legame emotivo profondo, spingerà altre persone ad acquistare. Immettendo così altra energia nella ruota, e alimentandola a sua volta.
Anche le fasi in cui si suddivide il percorso circolare del modello flywheel sono diverse:
La prima fase (Attract) è mirata a suscitare nelle persone la giusta attrazione, non solo verso i prodotti o i servizi dell’azienda, ma verso la sua comunicazione, verso il suo messaggio, verso i valori che esse condividono con il brand.
La seconda fase (Engage) ha lo scopo di coinvolgerle, cioè di iniziare a costruire quella relazione in cui avviene un costante scambio di valori, non solo materiali (soldi per prodotto) ma anche ideologici e sociali. Il coinvolgimento, a differenza del funnel, è totale: il brand chiede e ascolta costantemente le idee e le opinioni del suo pubblico, e su quelle fonda le proprie iniziative e le proprie attività.
La terza fase (Delight) consiste infine nel “deliziare”, ossia nell’offrire ai clienti l’esperienza definitiva, non solo vendendogli il prodotto/servizio ma assicurandosi che grazie a quello essi siano in grado di raggiungere gli obiettivi che si erano prefissati. Pensaci: qual è la prima cosa che nella maggior parte dei casi ci scopriamo a fare dopo aver vissuto un’esperienza speciale? Raccontarla ad altre persone.
Sviluppa la tua Flywheel insieme a Wezed
Teniamo molto ad essere chiari su un aspetto. La flywheel rappresenta l’evoluzione del funnel, non il suo annullamento. Il modello del funnel non è sbagliato, ma semplicemente incompleto. Non è da abbandonare, ma semplicemente da riconsiderare. E il Flywheel Marketing si pone proprio quest’obiettivo: porre i tasselli mancanti al fine di trasformare l’imbuto in una ruota e un modello finito in un modello infinito.
E a dire il vero non è neanche scontato che questi tasselli siano gli ultimi e che il modello flywheel rappresenti il qualcosa di definitivo. Il marketing viaggia insieme al mondo e con esso e per esso si evolve. Il mondo continua a trasformarsi? Il marketing continuerà a trasformarsi, ad adeguarsi a quelle trasformazioni o addirittura, come già avvenuto in molti casi, ad anticiparle. L’importante, come al solito, è essere disposti a cambiare e accogliere i cambiamenti con positività, senza restare attaccati per forza a modelli e termini… inflazionati. L’evoluzione è sempre la strada giusta.
Ah, questo doveva essere il paragrafo contenente “agenzia marketing Roma”. Tutto si evolve, ma alcune regole della SEO, a quanto pare, no.